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Adriana Roncella

Come le emozioni possono condizionare l'attività cardiaca

La ricerca portata avanti negli ultimi 60 anni ha chiaramente dimostrato che i cosiddetti “fattori di rischio psicosociali” possono essere considerati equivalenti ai “fattori di rischio biologici” già noti, nella genesi delle malattie cardiovascolari e dell’infarto miocardico acuto In particolare la depressione (maggiore, minore e atipica), le sindromi ansiose, l’isolamento sociale, la rabbia/ostilità e lo stress vitale acuto e cronico, possono essere considerati equivalenti alla familiarità per malattie cardiovascolari, il fumo, l’ipercolesterolemia, il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e l’obesità.
Uno studio molto importante, “The INTERHEART study”, pubblicato nel 2004, ha valutato l’associazione dei fattori di rischio con l’infarto miocardico acuto in 15.152 casi di infarto miocardico acuto, che sono stati paragonati a 14.820 soggetti di controllo, quindi senza infarto miocardico, in 52 nazioni distribuite in tutti i continenti. In questo studio i fattori di rischio psicosociali si sono attestati al 3° posto dopo la dislipidemia e il fumo, ma prima del diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e l’obesità. I fattori psicosociali valutati sono stati la depressione, lo stress lavorativo, lo stress domestico, lo stress finanziario e lo stress secondario ad eventi della vita nell’anno precedente l’infarto miocardico acuto.
In particolare la depressione sembra essere il fattore di rischio psicosociale, che influenza maggiormente la prognosi cardiovascolare, determinando un aumento significativo della mortalità sia per cause cardiovascolari che per altre cause, in pazienti con malattia coronarica nota e scompenso cardiaco a genesi ischemica e non ischemica.
La disperazione è un aspetto particolare della depressione e è stata collegata alla morte improvvisa sia in studi su animali, che in studi osservazionali.
Gli effetti della depressione sono potenziati dall’isolamento sociale, così come possono essere mitigati da un elevato supporto sociale. Il supporto sociale è rappresentato dalle risorse offerte all’individuo da altre persone durante e dopo eventi stressanti, tra cui, principalmente, il lutto. In particolare la rete sociale di supporto può provenire dalla presenza di un contesto famigliare, il numero di amici e la partecipazione ad attività organizzate e di gruppo.
Quando più fattori di rischio per malattie cardiovascolari, sia biologici che psicosociali, sono presenti nello stesso individuo, questi si sommano potenziandosi reciprocamente e aumentando notevolmente il rischio di insorgenza di una patologia cardiovascolare.
I “fattori di rischio psicosociali” possono favorire o addirittura causare l’insorgenza della patologia aterosclerotica e di eventi coronarici acuti (angina, infarto miocardico acuto) con vari meccanismi: agendo indirettamente e quindi favorendo stili di vita disfunzionali e non salutari (fumo, vita sedentaria, dieta ricca di grassi e carboidrati), e/o agendo direttamente tramite l’attivazione delsistema neurovegetativo, endocrino, immunitario e coagulativo.
Per quel che concerne il sistema della coagulazione, nella malattia coronarica cronica si verifica un graduale deposito di fibrina all’interno delle placche aterosclerotiche. Inoltre un milieu procoagulante gioca un ruolo cruciale nell’angina instabile, nell’infarto miocardico acuto e nella morte improvvisa, promuovendo la rapida formazione di un trombo su una rottura di placca, con conseguente esposizione di materiale della placca alla circolazione sanguigna, in particolare il fattore tissutale. La ricerca degli ultimi 90 anni ha indagato ampiamente la relazione tra fattori psicogeni e fattori della coagulazione.
In particolare oggi sappiamo che nei soggetti sani lo stress mentale acuto attiva contemporaneamente la coagulazione (fibrinogeno e fattore di von Willenbrand) e la fibrinolisi (attivatore del plasminogeno tissutale) entro un range fisiologico. Nei pazienti con aterosclerosi e alterata funzione anticoagulante dell’endotelio si ha una risposta procoagulante agli stressors acuti (aumento del fibrinogeno e del fattore VII) e ridotta capacità fibrinolitica. Inoltre è stato dimostrato che la depressione determina una attivazione delle piastrine, le cellule responsabili della formazione del coagulo, con liberazione di granuli intracellulari che favorirebbero il processo coagulativo. Infatti l’aumento del fibrinogeno ematico, un fattore della coagulazione facilmente determinabile in laboratorio, è considerato un fattore di rischio per coronaropatia e si associa a un aumento dell’incidenza di morte e infarto miocardico acuto, indipendentemente da altri fattori di rischio.
I fattori di rischio psicosociale agiscono fondamentalmente attivando una via comune: il sistema dello stress, con conseguente aumentata produzione di cortisolo e attivazione del sistema neurovegetativo (fig.1).

Il sistema dello stress
Il cortisolo esplica numerose azioni, tra cui l’aumento della coagulabilità ematica. Il sistema nervoso simpatico, acutamente o cronicamente attivato, agisce a livello dell’apparato cardiovascolare determinando aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa e determinando vasocostrizione coronarica, con conseguente ischemia miocardica. Oltre a ciò il sistema nervoso simpatico ha un effetto proaritmogenico, cioè facilita l’insorgenza di aritmie cardiache, può determinare un danno dell’endotelio vascolare e un aumento della coagulazione ematica (fig. 2).

Meccanismi dello stress fisiopatologico
Infine l’altro protagonista che scende in campo è il sistema immunitario; infatti alcuni studi hanno evidenziato la produzione di classi di linfociti anomali durante l’angina instabile. A sua volta il sistema immunitario determina un’attivazione dell’infiammazione, con conseguenti aumenti plasmatici della Proteina C Reattiva (PCR) e delle citochine pro infiammatorie IL-6, TNF-α, e sIL-6R.
Nella depressione maggiore è stata rilevata un’attivazione dell’infiammazione, con conseguenti aumenti plasmatici della Proteina C Reattiva (PCR) e delle citochine pro-infiammatorie. L’infiammazione non è solo specifica della depressione, ma è il meccanismo che media tutti gli altri stress, attivando l’asse dello stress e il cortisolo. La proteina Creattiva è un indice a valle dell’infiammazione in corso e può essere facilmente rilevata con gli esami ematochimici. Tale stato infiammatorio è predittivo della prognosi, non solo nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica, ma anche nei soggetti sani ed è largamente indipendente dai fattori di rischio tradizionali. A completamento del quadro la ricerca degli ultimi decenni ha dimostrato che anche il sistema immunitario è collegato al sistema nervoso centrale in maniera bidirezionale. In particolare il sistema nervoso centrale produce dei neuropeptidi che agiscono a livello dei linfociti e viceversa. In sintesi oggi la ricerca ci ha permesso di comprendere che tutti i sistemi che regolano il nostro organismo sono collegati secondo una relazione bidirezionale, in particolare il sistema nervoso centrale e neurovegetativo, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Questo ci permette di comprendere perché una forte emozione negativa, sia conseguente a eventi acuti, che a situazioni croniche della nostra vita, possa avere conseguenze che si riflettono a livello di tutto il nostro organismo.
Infine merita una citazione la cosidetta “Sindrome di Tako-Tsubo” o cardiomiopatia da stress o “Broken heart syndrome”, che si presenta clinicamente come un quadro infartuale, talora a insorgenza drammatica. L’esame coronarografico evidenzia coronarie normali, mentre la ventricolografia e/o l’ecocardiogramma evidenziano una alterazione della contrattilità del ventricolo sinistro (spesso l’alterazione della contrattilità interessa le zone medio-apicali del cuore, con un aspetto che in sistole ricorda l’antico recipiente utilizzato dai Giapponesi per catturare i polipi). Il quadro è più frequente nel sesso femminile, insorge generalmente dopo un forte stress di natura prevalentemente psicologica (frequentemente lutti o altri gravi eventi familiari), ma talora anche di natura fisica. Gli esami ematici possono evidenziare un forte incremento delle catecolamine circolanti, a testimonianza di una forte attivazione del sistema nervoso simpatico. La sindrome è reversibile entro pochi giorni, senza conseguenze nella maggior parte dei casi.


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